Conclusioni...

Romano Badiali

 

Desidero anzitutto ringraziare i relatori perché la lettura delle loro riflessioni mi ha offerto l’occasione di mettere meglio a fuoco argomenti che vado rimuginando da parecchio tempo ma che, non appartenendo al mio campo d’interesse principale (la psicologia), erano rimasti, per così dire, alla periferia della mia attenzione. Non prenderò in esame i contenuti delle relazioni in modo dettagliato, questo lo avete già fatto voi nel dibattito al quale mi dispiace di non aver potuto partecipare. Mi limiterò a proporvi qualche riflessione e a dire che condivido molte delle preoccupazioni e delle critiche che avete espresso a proposito del funzionamento della democrazia così come viene praticata in Occidente nell’attuale momento storico. Mi piacerebbe solo chiedervi se siete d’accordo, o meno, con il noto detto secondo il quale "la democrazia è un sistema politico pieno di difetti, ma a tutt’oggi ancora non si è riusciti a trovarne uno migliore". In altre parole, critichiamo la democrazia per migliorarla o per rifiutarla in blocco? La risposta a questo interrogativo di fondo è importante perché, al tempo dei terroristi rossi e neri, a me capitava di discutere per ore e ore con persone che scoprivo solo alla fine essere interessate soltanto alla rivoluzione e non al miglioramento della democrazia. Era evidente che sprecavo il mio tempo, ma me ne accorgevo solo dopo averlo sprecato.

Alain de Benoist, Marco Tarchi, Franco Cardini, Massimo Fini, Sabino Acquaviva, Luciano Canfora, Noam Chomsky, Toni Negri, Alessandro Casiccia, Giulietto Chiesa, ecc. muovono alla liberal-democrazia come viene praticata negli USA critiche che mi trovano d’accordo quasi completamente. Dirò anche di più, a me risulta sgradevole perfino il tono sguaiato e "adenoideo" con il quale gli Americani parlano la loro lingua. Non mi piace nemmeno la loro propensione alla mancanza di stile, cioè all’andare in giro "sbracati" appena possibile. Ma c’è un ma. Se noi ci limitiamo a parlare degli USA mettendone in evidenza solo gli aspetti negativi, rischiamo di apparire vittime del desiderio di rivalsa che sempre anima i vinti nei confronti dei vincitori. E finiamo per assomigliare a quei comunisti nostrani che mettevano sullo stesso piano la violenza esercitata da "Carosello" sui telespettatori e quella dei carri armati dell’Armata Rossa che schiacciavano nel sangue le rivolte dei paesi dell’est. Se rivolgiamo una critica totale agli USA e al loro sistema politico-sociale - che nella sostanza è uguale a quello nostro -, se li demonizziamo in blocco, è facile che qualcuno finisca per arrivare alle farneticazioni sullo Stato Imperialista delle Multinazionali (SIM) che a suo tempo furono capaci di produrre le Brigate Rosse.

A mio avviso, oggi non esiste e non può esistere un unico "Potere" esercitato da un’esigua minoranza su tutti gli altri cittadini. Oggi, infatti, in pochi minuti è possibile mobilitare milioni di persone in tutto il mondo facendo semplicemente girare su Internet, o con gli SMS, un comunicato non censurabile da nessuno. Nei pochissimi paesi in cui questa censura ancora esiste, come in Cina, essa può essere facilmente aggirata e non potrà, comunque, durare a lungo. Questo "Potere comunicativo planetario" è già stato usato in più di un’occasione dai no-global e dai pacifisti. Perfino i terroristi di Bin Laden possono usufruirne, a dimostrazione che è impossibile imbrigliarlo. Chi odia tanto il "modello unificato e omologante" dovrebbe riflettere che esso include anche questa possibilità di distribuire libertà a chiunque e dovunque. Quindi critichiamo pure il Potere e il "modello unico planetario", ma cerchiamo di non dipingere in bianco e nero la realtà del mondo. E poniamoci la domanda: "A conti fatti, è meglio vivere in un sistema il cui male è rappresentato da un Potere che usa la propaganda subdola oppure in un sistema in cui il Potere ti taglia la gola perché hai fatto un film, ti condanna a morte perché hai scritto un libro o cambiato religione, ti spedisce nelle camere a gas perché sei ebreo o nei gulag perché Baffone ha deciso che sei nemico della rivoluzione proletaria?". Noam Chomsky sarà pure emarginato dalla cultura ufficiale, ma può liberamente tenere le sue conferenze e scrivere i suoi libri, per i quali credo guadagni anche dei bei soldini. Potrebbe fare lo stesso in una società non liberal-democratica, in una società controllata dalla Gestapo, dall’Ovra, dalla Ghepeu, dall’Inquisizione o dalle Fatwa emesse dai Muftì?

Per quanto riguarda le "cospirazioni esoteriche" mi viene subito da pensare: "Se sono davvero esoteriche, che senso ha parlarne sul piano essoterico?". È molto pericoloso, inoltre, scatenare nelle masse le dinamiche persecutorie messe in moto dall’idea di "cospirazione". Chi ha letto il "Mein Kampf" di Hitler sa benissimo che quel libro ne è pieno. Se accettiamo di considerare i problemi in termini di "cospirazioni esoteriche", d’altra parte, si pone subito il problema di come poterle riconoscere. Chi ci assicura che, nel momento in cui crediamo di opporci alla cospirazione "A", in realtà non siamo altro che strumenti nelle mani della cospirazione "B" ? Come si vede, per questa via non se ne esce. Meglio prendere in considerazione gli elementi che sono visibili in superficie, perché solo su quelli noi possiamo pronunciarci in modo consapevole. Se davvero esiste, poi, un tavolo al quale si giocano partite esoteriche, a quel tavolo possono sedere e giocare soltanto gli esoteristi.

Vorrei dire qualcosa anche a proposito del "Potere" visto come lo vedono gli anarchici, cioè cattivo e prevaricatore per definizione. Ho riflettuto a lungo su questo concetto e sono arrivato alla conclusione che spesso, è vero, il potere si presenta in quella veste. Ma è mai esistita una "società senza potere"? Chi risponde sì a questa domanda, di solito porta, come esempio a sostegno, sperdute tribù seminude che vivono in lontane isole nutrendosi di banane. Ora ammettiamo pure che queste tribù vivano davvero senza il Potere - in realtà ne hanno uno diverso dal nostro -, noi saremmo disposti a tornare a vivere come loro, con il perizoma e di sole banane? Delle tante "comunità senza potere" che spuntavano come funghi all’epoca della contestazione del ‘68, quante ne esistono ancora? Nessuna. Non dimostra niente questo fatto? Io penso di sì. Allora l’unica cosa che possiamo fare è discutere, magari anche accanitamente, per trovare un accordo su quale tipo di Potere ci piace di più o, se preferite, ci dispiace di meno. Ma guai a combattere per eliminare ogni potere "tout court". Chi l’ha fatto, alla fine è riuscito solo a sostituire il vecchio Potere con un altro ancora più spietato e violento. A sostegno della mia convinzione che il Potere non può essere eliminato da una società, potrei portare l’esempio delle società di animali, società in cui un Potere c’è sempre, ma sarebbe facile ribattermi che l’uomo non è un animale, almeno nel senso che a questa parola diamo nel linguaggio quotidiano. Su quest’ultima affermazione, comunque, ci sarebbe molto da discutere e Carmelo Modica potrebbe organizzarci un altro bel convegno....

Quanto al terrorismo islamico, siamo proprio sicuri che rappresenti soltanto una "reazione" alla prepotenza dell’imperialismo americano? Se così fosse, perché i terroristi scrivono nei volantini che lasciano sui luoghi dei loro attentati "Con le leggi scritte dagli uomini non c’è futuro" ? (Limes, 4/2005, pag. 281). Perché nei loro proclami fanno spesso riferimento a Isabella di Castiglia e ai governi Crociati, cioè a personaggi e ad avvenimenti di 500 anni fa? Il nostro Tonino nazionale direbbe: "Che c’azzeccano, questi riferimenti, con le prepotenze americane di oggi?". Allora, possiamo scartare a cuor leggero l’ipotesi che a muoverli sia il proposito di ripristinare il Califfato e il dominio musulmano, cioè un modello di società organizzato sulla base delle "leggi scritte da Dio",cioè quelle contenute nel Corano?

Se questa ipotesi fosse giusta, il comportamento dei terroristi non dovrebbe essere più visto come "reazione" alla prepotenza americana, ma come "azione" contro l’Occidente, il quale ai loro occhi ha una colpa che le riassume tutte, quella di essere "laico" cioè di essersi dato "leggi scritte dagli uomini" e non da Dio. Questa azione loro la compirebbero comunque, anche se gli Americani non fossero prepotenti. Non voglio fare il provocatore ma, se questa ipotesi fosse giusta, gli Americani andrebbero visti non come i cattivi imperialisti che vogliono imporre il loro modello di vita, ma come gli unici occidentali disposti a combattere e a morire per difenderci da un nemico implacabile e determinato a tutto pur di costruire una società organizzata secondo i dettami "religiosi" contenuti nel Corano. In Occidente abbiamo combattuto a lungo per liberarci da questa visione del mondo oscurantista. Vogliamo lasciare campo libero a chi vorrebbe riportarci ai tempi bui in cui le leggi dello Stato dovevano rispecchiare i contenuti dei libri sacri?

Noi Occidentali, è vero, in quanto colonialisti siamo stati aggressivi e prevaricatori nei confronti degli Arabi e dei Musulmani in generale. Ma anche in questo caso bisogna guardare il quadro completo, non una parte soltanto. Senza gli Occidentali, cosa avrebbero potuto fare gli Arabi con il loro petrolio? Niente, assolutamente niente. Ne avrebbero ignorato perfino l’esistenza, a parte i piccoli quantitativi che trasudano spontaneamente dal terreno. Figuriamoci poi la sua valorizzazione - tecnica ed economica - che ha consentito loro di trasformare il deserto in giardino, di non far pagare le tasse ai sudditi e di fornire gratis a tutti scuole e assistenza sanitaria! I bilanci devono contenere tutte le voci, altrimenti sono bilanci fasulli. O vogliamo caricare sulle spalle degli Occidentali soltanto le voci negative? Sarebbe un ben strano masochismo che, però, viene largamente praticato in Occidente.

A parte tutto questo, possiamo permetterci di far cadere nelle mani di questi fanatici sanguinari il rubinetto della bombola d’ossigeno (leggi "petrolio") che ci tiene in vita? Perché il petrolio, secondo me, non è soltanto "cosa loro" cioè dei petrolieri americani che lo usano per diventare sempre più ricchi. Il petrolio è anche "cosa nostra" (nel senso buono) perché tutta la nostra civiltà vive grazie al petrolio: dalla benzina ai fertilizzanti, dalla plastica ai medicinali, dal riscaldamento alle fibre, dall’energia ai lubrificanti, per arrivare infine alla disponibilità di soldi che servono per sviluppare tutto il resto, cultura compresa. Ecco perché gli interessi geo-strategici di Bush coincidono, nel lungo periodo, con quelli di tutti gli Occidentali. La liberal-democrazia come è applicata oggi non ci piace, d’accordo, ma fin dove arriva il nostro dissenso? Fino a schierarci dalla parte di chi ancora oggi pensa che "se un’idea è vera, sta già nel Corano. Se non sta nel Corano, vuol dire che è falsa"?

Dopo quanto ho scritto fin qui, mi riesce più facile dire che le mie riserve mentali nei confronti del funzionamento della democrazia sono ancora più radicali di quelle che avete espresso voi nelle vostre relazioni. Sì, perché da quello che avete scritto mi sembra di capire che al fondo dei vostri pensieri c’è ancora la convinzione che il "popolo" - cioè l’elemento centrale del concetto di democrazia - sarebbe pienamente qualificato per scegliere i propri rappresentanti se non ci fosse il "potere" ad ingannarlo con le tecniche subdole della propaganda. Ora io mi chiedo se tale fiducia risulta davvero confermata dalla realtà che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. È bene chiarire questo punto di partenza perché ogni altra considerazione possibile ne deriva come conseguenza logica.

La mia risposta alla suddetta domanda risulterà subito evidente dopo che vi avrò raccontato un caso apparentemente banale che mi è capitato qualche tempo fa. Ve lo voglio raccontare perché ritengo che sia più illuminante di tante disquisizioni teoriche Mi trovavo a casa di una signora che ha un titolo di studio medio-superiore e che segue saltuariamente gli avvenimenti del mondo ascoltando il telegiornale mentre continua a sfaccendare per tutta la casa. Ammesso e non concesso che i telegiornali siano una fonte attendibile di notizie, si può ben immaginare quanto questa signora possa essere informata sulle vicende della nostra economia nazionale e soprattutto quanto sia qualificata per esprimere giudizi e valutazioni in merito. Ebbene, ad un certo punto la signora in questione mi ha chiesto: "Io non credo affatto alla storia del buco da 20 miliardi nei conti dello stato. Tu ci credi?". Io sono rimasto di stucco perché quella era una questione sulla quale non riuscivano a mettersi d’accordo nemmeno i tecnici più qualificati, come il governatore della banca d’Italia e il ministro delle finanze. Eppure lei si considerava in possesso sia della preparazione che delle informazioni necessarie per poter esprimere un giudizio drastico e definitivo su una questione così tecnica. Ho provato a farle notare che né io né lei eravamo qualificati e informati abbastanza per esprimere un parere in proposito, ma sono state tutte parole inutili.

Vi ho raccontato questo episodio perché dimostra quanti elementi di verità siano contenuti nella tesi sostenuta da José Ortega y Gasset nel suo libro "La ribellione delle masse" al quale vi rimando. Le masse sono entrate sul palcoscenico della storia, è quasi banale affermarlo. Dal momento che è impensabile farle tornare di nuovo nel ruolo di semplici fornitrici di forza lavoro o di carne da cannone per le guerre decise dai potenti, nei loro confronti sono state assunte finora le seguenti posizioni:


       Secondo me, queste posizioni sono tutte negative, tutte da scartare per motivi che non c’è bisogno di spiegare, tanto sono evidenti. Esiste, allora, un altro modo di porsi di fronte alle masse? A mio avviso sì e provo a descriverlo. Le masse, ripeto, sono entrate sul palcoscenico della storia e hanno ricevuto quella istruzione scolastica che secondo i filosofi dei Lumi le avrebbe rese capaci di cultura, quindi di autogestirsi. A me sembra, invece, che il risultato non corrisponda affatto alle aspettative degli illuministi. Chi è capace di vedere senza i paraocchi delle ideologie può constatare in ogni momento, infatti, che:

le masse scolarizzate hanno acquisito soltanto una sconfinata presunzione che le fa sentire in diritto di emettere giudizi su qualunque materia, anche quelle più complesse

Tutti auspicano una maggiore PARTECIPAZIONE dei cittadini ma, se si scava appena un poco per cercare di capire cosa si intende di solito con questa parola, si scopre subito che nella mente delle persone essa sta ad indicare soltanto la parte gratificante del concetto, cioè quella che ci fa sentire più importanti in quanto chiamati a decidere. Nessuno pensa mai che, per poter partecipare e decidere con cognizione di causa, bisogna prima essere disposti a compiere la fatica necessaria per informarsi, per studiare l’argomento sul quale si è chiamati a decidere.

A questo punto consentitemi di fare due domande retoriche: 1). A voi risulta che siano molte le persone che - una volta tornate a casa dopo 8 ore di lavoro - abbiano la voglia di mettersi a leggere, studiare, documentarsi su un determinato argomento? 2). Se anche fossero molte, queste persone armate di buona volontà, quante di loro potrebbero veramente capire i problemi complicatissimi che la nostra società sempre più tecnologica ci pone davanti? Non so voi, ma io non ne incontro molte di queste persone disposte a sacrificare il loro tempo libero per studiare i problemi sui quali sono chiamate ad esprimere un giudizio. Ne incontro invece tantissime che funzionano come semplici "ripetitori di parole d’ordine prefabbricate da altri e fatte proprie senza compiere assolutamente alcuno sforzo personale". Voglio dire che il problema da risolvere non è rappresentato soltanto dal Potere che manipola gli elettori con le tecniche subdole della propaganda-pubblicità. Oltre questo, anzi prima di questo, si pongono almeno altri due problemi ancora più difficili da risolvere:


       Se non si risolve il primo problema, la manipolazione delle masse sarà inevitabile - anche da parte di un Potere per così dire buono - perché "la scolarizzazione non basta, da sola, a formare persone capaci di pensare con la propria testa, cioè capaci di rifiutare le parole d’ordine prefabbricate da altri". La scolarizzazione, da sola, crea soltanto "presunzione di sapere e pretesa di contare di più". I cittadini che sono andati a scuola non diventano persone colte. Infatti:

Far crescere la cultura delle masse, abituarle a ragionare con la propria testa

questo è il compito che bisogna porsi! Solo così sarà possibile sottrarle ai manipolatori occulti. Ecco perché sono pienamente d’accordo con Saro Jacopo Cascino quando scrive: "La Pubblicità non potrebbe indurre il pubblico a reclamare dal Mercato alcun prodotto se il popolo, invece di credere, pensasse". Se le cose stanno davvero così, allora il problema vero non sta nel Potere che usa la pubblicità per condizionare il cittadino, ma nel cambiare il modo in cui funziona la mente del destinatario di quella pubblicità, cioè il cittadino, il popolo, l’elettore. Si tratta, insomma, di creare le condizioni affinché le parti più recenti del cervello - quelle capaci di esercitare la critica - diventino capaci di tenere a bada il cervello "istintivo-rettiliano" che ancora è in noi. E questo, a mio avviso, è possibile solo innalzando il livello della cultura nelle masse. Il che non significa aumentare la quantità di nozioni possedute, ma allenare le persone a pensare-ragionare con la propria testa, appunto.

Nello stesso tempo, però, non è chi non veda che le masse non potranno mai diventare colte nel senso pieno della parola perché l’espressione "masse colte" rappresenta una contraddizione in termini, se la si vuole interpretare in modo rigoroso. Allora bisognerà accontentarsi di una soluzione soltanto parziale del problema. Siamo stati capaci di aumentare il numero dei diplomati e dei laureati. Adesso dovremmo adoperarci affinché in seno alla società aumenti il livello medio di cultura. Per riuscirci dovremmo fare in modo che la cultura smetta di apparire alle masse come frustrazione, quindi come compito sgradevole. Per inciso, voglio dire che questo è un mio chiodo fisso perché ho sperimentato di persona quanto sia difficile, oggi, acquisire anche un semplice brandello di cultura dopo avere ottenuto il classico "pezzo di carta". Allora dobbiamo convincere gli intellettuali a smettere di parlarsi addosso e unicamente tra di loro. Dobbiamo stigmatizzare il comportamento dei professori alla Emanuele Severino che dicono: "I miei studenti si lamentano che le mie lezioni sono difficili. Si arrangino!". Ho citato lui, ma è solo uno per tutti. Ognuno di noi conosce una caterva di intellettuali che si compiacciono di parlare "difficile" oppure che non fanno nessunissimo sforzo per farsi capire. Il risultato è che la stragrande maggioranza delle persone finisce per associare l’idea della cultura a quella dello sforzo frustrante. Ne consegue che si tiene alla larga dai libri e dalla lettura.

Ma rendere gli intellettuali più "umani", più vicini alla gente non basta, bisogna anche modificare una mentalità largamente diffusa fin dai tempi del ‘68. Proprio oggi mi è capitato di sentire in TV uno studente che, con il megafono, arringava i suoi compagni ripetendo ancora uno dei vecchi, logori slogan: "Dobbiamo riappropriarci del diritto allo studio". Qualcuno dovrebbe dire a questi giovani che lo studio non è soltanto un diritto, è anche impegno, applicazione, sacrificio. Ma chi se la sente di andare controcorrente sfidando l’impopolarità e l’imperversante "politically correct" ?

Per il secondo problema elencato sopra, invece, io vedo soltanto una soluzione: bisogna abbandonare l’illusione che le masse possano essere chiamate a pronunciarsi su questioni molto complesse, come la "procreazione assistita", per esempio. Abbiamo visto tutti come si è svolto l’ultimo referendum: la stragrande maggioranza degli elettori, non capendo niente della materia, ha votato "bovinamente" cioè limitandosi a seguire le indicazioni derivanti dall’appartenenza a questa o a quella parte politica. Secondo me, bisogna ridimensionare il tanto spesso invocato mito della PARTECIPAZIONE. Le masse non possono essere chiamate a decidere, per esempio, qual è il modo migliore di eseguire un intervento di chirurgia. Possono, però, decidere facilmente se un chirurgo è bravo o meno. Per farlo, basta che prendano in considerazione il numero di guarigioni che lui riesce ad ottenere. Questo semplice esempio mostra la direzione nella quale si potrebbe ottenere il superamento della Destra e della Sinistra realizzando quella che io chiamerei volentieri la "Sinestra", cioè:

Autorità (concetto di destra) + Controllo dal basso (concetto di sinistra)

Ma questo è un argomento che Carmelo Modica si propone di affrontare in un prossimo convegno. Quindi mi fermo qui. So benissimo che il mio modo di impostare i problemi e di proporre le relative soluzioni deluderà le persone che vogliono "agire subito", fare qualcosa nell’immediato. Purtroppo non ho ricette da proporre per il "pronto soccorso". Me ne dispiace davvero. Grazie a tutti per l’attenzione e arrivederci alla prossima occasione.

 

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