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Efficacia del terrorismo


L'argomento "terrorismo" è già stato trattato sotto quasi tutti gli aspetti: le sue cause, le finalità di chi lo usa, le previsioni su quanto durerà, come combatterlo, ecc. Forse adesso vale la pena di considerarlo brevemente anche da un punto di vista particolare, quello dei risultati concreti che ottiene. Proverò a farlo io rinunciando di proposito a  qualsiasi esplicita considerazione politica o morale, cioè di merito. Vado subito al cuore del problema come mi sforzo di fare sempre.

Allora, fintantoché i terroristi compiono molti attentati, ma di entità relativamente modesta, l'effetto è praticamente nullo perché dopo un po' l'opinione pubblica si abitua a tutto. Esiste infatti una forma di adattamento che si chiama "abituazione" e che consiste nella scomparsa di una risposta in seguito al ripetersi dello stimolo. L'abituazione riesce a far scomparire perfino le risposte automatiche-ereditarie come il riflesso di ammiccamento, quindi figuriamoci le risposte emotive! Ecco un esempio a disposizione di tutti: ogni anno 6.000 (seimila) persone perdono la vita tragicamente per incidenti stradali nella sola Italia. Si tratta di 20 morti al giorno, tutti i giorni, dal primo gennaio al trentuno dicembre. È l'equivalente di un'auto-bomba quotidiana. Eppure nessuno fiata, nessuno protesta, nessuno si meraviglia, nessuno chiede di trovare un rimedio. Diamo uno sguardo fugace alle lamiere contorte mostrate dalla TV, proviamo un inizio di raccapriccio, ma subito torniamo ad avvolgere le tagliatelle attorno alla forchetta e dimentichiamo tutto. Tanto è vero che nessuno rinuncia ad usare la propria macchina per paura del possibile incidente stradale. Non ci pensa nemmeno.

Quando il telegiornale ci comunica che in Iraq è scoppiata l'ennesima auto-bomba facendo 10-20 morti, la nostra reazione emotiva è di poco superiore a quella che abbiamo quando ci annunciano che pioverà in Abruzzo. Sto esagerando un po', certo, ma non poi così tanto. Oggi, per esempio, il telegiornale si è limitato a dire che i combattimenti in Iraq hanno causato 10 morti. Non ha precisato se erano americani, inglesi, o iracheni perché è un dettaglio che non fa più notizia. Ci si abitua a quasi tutto. Se così non fosse, del resto, le guerre durerebbero soltanto pochi giorni. Quando apprendiamo che in un anno, nel dopoguerra iracheno, sono morti 1.000 soldati americani, senza rendercene conto siamo portati a minimizzare l'evento perché ci sembra poca cosa rispetto agli stermini spaventosi della seconda guerra mondiale. Allora morivano 120.000 persone in un solo bombardamento aereo. E la guerra è durata sei anni. La contabilità dei morti è sempre cosa macabra, ma possiede una sua evidenza oggettiva che è difficile ignorare.

I sequestri di ostaggi ottengono maggiore attenzione, ma solo perché sono ancora relativamente pochi. Se dovessero continuare, farebbero la stessa fine degli attentati. La legge che priva della risonanza emotiva gli avvenimenti ripetuti è inesorabile.

A proposito di terrorismo, voglio dire anche un'altra cosa. Abbiamo spesso sentito gli Arabi dichiarare con orgoglio che loro amano la morte mentre noi Occidentali amiamo la vita. E ne ricavano la convinzione che la vittoria finale potrà essere soltanto la loro vittoria. Esulterebbero un po' meno se si prendessero il fastidio di andare a consultare la contabilità dei morti relativa alle guerre combattute dagli Occidentali cosiddetti "amanti della vita". La vanteria necrofila degli Arabi, oltretutto, mi ricorda molto quella, altrettanto consolatoria, di Mussolini che proclamava (a voce) la superiorità dei popoli "giovani" destinati  a prevalere immancabilmente sui popoli "vecchi" condannati al declino. E si è visto com'è andata a finire!

Ma proseguiamo. Se i morti provocati dai terroristi sono pochi, dunque, non smuovono una paglia, è acqua fresca. Se sono tanti, viceversa, e tutti in una volta come quelli dell'11 settembre o della scuola di Beslan, producono lo sdegno e l'orrore dell'opinione pubblica, ritorcendosi così contro i terroristi che, con questi massacri orrendi, ottengono l'unico risultato di sporcare l'immagine dell'Islam per il quale dicono di battersi, attirando cioè su di esso disonore e ignominia. Per quanto grande sia la frustrazione che affligge le masse arabe, continuando di questo passo il terrorismo sanguinario e spietato otterrà solo di suscitare lo sdegno e la protesta di tutti, anche di quelli che in un primo momento lo hanno guardato con simpatia. Spinto dall'indignazione e dall'orrore, il mondo intero si compatterà, supererà le incertezze e si coalizzerà contro i terroristi. Non è una previsione arrischiata, sta già avvenendo. E con velocità tanto maggiore per quanto cresce l'efferatezza degli attentati.

Il ritiro dei soldati spagnoli dall'Iraq dopo l'attentato alla stazione di Madrid sembrerebbe smentire la mia tesi che gli attentati sono inefficaci, ma non è così perché Zapatero si era impegnato già nel corso della campagna elettorale ad effettuare quel ritiro, cioè PRIMA dell'attentato. In altre parole, il ritiro non è stato prodotto dall'attentato.

Questa mia riflessione vale solo per gli attentati terroristici compiuti nei paesi dell'Occidente. L'effetto degli attentati e delle esecuzioni barbare potrà essere diverso da quello che ho appena previsto se i terroristi prenderanno di mira i paesi arabi il cui sistema politico è instabile. Qui l'effetto potrebbe essere simile a quello prodotto da un fiammifero acceso in prossimità di una polveriera. Anche qui, tuttavia, varrà la legge psicologica generale secondo la quale sparando nel mucchio si ottiene solo che il mucchio si coalizzi, superando anche le divergenze eventualmente presenti.

In Occidente, ripeto, se gli attentati resteranno al di sotto di una certa soglia - per quanto riguarda il numero delle vittime e l'entità dei danni - risulteranno inefficaci perché annullati dal fenomeno dell'abituazione visto sopra. Se questa soglia verrà superata, invece, si ritorceranno contro i terroristi e la loro causa. Soprattutto si ritorceranno contro l'Islam perché i terroristi dicono di combattere in suo nome, per la sua maggior gloria e purezza.

Poiché il numero dei miei lettori è sicuramente limitato, mi auguro che qualcuno riprenda il concetto che ho appena espresso per rilanciarlo da una tribuna più visibile in modo che possa arrivare ad un pubblico più vasto. Se succedesse, l'idea potrebbe cominciare a farsi strada magari fino a penetrare nell'ambiente degli stessi terroristi. Sono troppo ottimista? Può darsi, ma una bottiglia lanciata in mare può approdare nei luoghi più impensati. È anche possibile che la mia idea non sia originale, cioè è possibile che altri l'abbiano già espressa. Se così fosse, bisognerebbe ribadirla il più spesso possibile perché è l'unica capace di disinnescare "dall'interno" il potenziale esplosivo posseduto dal terrorismo fondamentalista islamico: gli attentati, o sono inefficaci o sono controproducenti.

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