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Un sano qualunquismo

 

Il titolo ha un intento chiaramente provocatorio. Chi ha già letto l'articolo "Il qualunquismo" non dovrebbe avere dubbi in proposito. L'espressione SANO QUALUNQUISMO mi viene in mente spesso quando leggo un libro oppure seguo un dibattito o una trasmissione televisiva. Sì, perché in quelle occasioni ho la sensazione che si finisca per affogare in un oceano di ragionamenti inutilmente complicati oppure di chiacchiere che non approdano a niente. Prendiamo qualche esempio a caso.

Pensate alla "buriana mediatica" messa in scena in occasione del delitto di Cogne. I giornalisti non sapevano niente eppure su quel niente hanno costruito per ore e ore un immenso castello di bla-bla-bla. Tanto da portare all'esasperazione gli abitanti dell'intero paese, sindaco in testa. E ancora non siamo alla conclusione della vicenda.

Pensate anche alla trasmissione di Corrado Augias dedicata alla scomparsa della contessa Vacca Agusta. Due ore ininterrotte di "aria fritta" o, se preferite, due ore impiegate a pestare acqua nel mortaio. Un colonnello dei carabinieri continuava a parlare per minuti e minuti solo per dire che non poteva dire niente dal momento che doveva rispettare il segreto istruttorio. Perché era lì, allora? Un professore universitario teneva una lezione ricca di dettagli su come le ossa "esplodono" quando vengono compresse (!!!). C'era perfino un modellino della villa e della scogliera che però non serviva a niente tranne che a dare una illusoria parvenza di concretezza. Le ipotesi possibili erano tre: "incidente", "suicidio", "omicidio". In quel momento non c'erano elementi sufficienti per suffragarne nessuna. Punto. E invece giù a macinare montagne di parole senza alcun costrutto! In queste cose, del resto, Augias è maestro. Pur di mascherare il vuoto di notizie sul quale sono spesso costruite le sue trasmissioni, a volte arriva perfino a servirsi di attori che recitano la scena di un delitto con abbondanza di particolari granguignoleschi. Venghino signori, venghino!

E nei dibattiti? Più o meno succede la stessa cosa. Si ha l'impressione che gli organizzatori siano interessati solo a produrre lo "spettacolo", cioè a riempire una o due ore di trasmissione, magari inserendovi anche qualche dose di "cazzeggio" mondano-salottiero. Ce ne sono anche di più impegnati, è vero, ma pure lì si ha l'impressione del girare a vuoto. Ognuno recita il suo bravo intervento, spesso divagando e sproloquiando senza che il conduttore faccia nessun tentativo di riportare "a bomba" il discorso. Qualche volta ci prova Giuliano Ferrara, ma il risultato è sempre deludente. Delle trasmissioni in cui il conduttore toglie la parola a chi non è della sua stessa opinione, qui non voglio parlare perché dovrei scrivere un altro articolo.

Pensate ai libri. Più precisamente ai saggi, i romanzi sono un'altra cosa. A me capita spesso, quando ho finito di leggerne uno, di immaginare in quante poche pagine potrebbe essere riassunto il suo contenuto. Magari rendendolo anche facilmente comprensibile, pregio che di solito non possiede. Non per niente Giuseppe Saragat (*) si vantava di essere uno degli unici due italiani che erano riusciti a leggere per intero "Il capitale" di Karl Marx. Era una battuta di spirito, d'accordo, ma credo non andasse molto lontana dalla realtà. Comunque sia, denunciava perfettamente la situazione di cui sto parlando io. 

(*) Nostro presidente della repubblica. Socialdemocratico. Eletto nel 1964.

LOGORREA, SUPPONENZA, CRIPTICITÀ, INCONCLUDENZA. A mio avviso ecco i mali principali che rendono impossibile la circolazione della cultura all'esterno del ristretto mondo degli intellettuali. Con effetti disastrosi anche sul funzionamento della democrazia. Cosa c'entra la democrazia? Vediamo. Inizio dicendo che non sono un adoratore delle masse. Ho anche il sospetto che siano in malafede tutti quelli che dichiarano di esserlo. Sarebbe facile trovare argomenti per avvalorare questo sospetto, ma mi porterebbe lontano. Dunque, non mitizzo le masse, ma prendo atto che hanno fatto il loro ingresso sul palcoscenico della storia e influenzano in modo determinante la vita sociale in quasi tutti i campi. Questa nuova presenza ha prodotto effetti sia positivi che negativi. Quelli positivi li tralascio perché sono stati ripetuti così tante volte che oramai sono entrati, direi, a far parte dei luoghi comuni. In questa sede, allora, mi limiterò a prendere in considerazione soltanto gli effetti NEGATIVI. Lo farò perché di essi si parla poco in quanto vanno controcorrente rispetto allo "spirito del tempo".

Gli effetti negativi di cui mi propongo di parlare sono strettamente collegati al mio discorso sul SANO QUALUNQUISMO. Se uno dei nostri intellettuali si proponesse di fare una ricerca per cercare di capire se, come, quando e perché l'arrivo delle masse sulla scena della storia abbia prodotto anche effetti negativi, con molta probabilità ne risulterebbe un pregevolissimo volume zeppo di riferimenti bibliografici di tipo storico, filosofico, sociologico, politico, psicoanalitico, letterario, giuridico, teologico, ecc. Ora io non dico che questo tipo di approccio sia da disprezzare. Dico soltanto che, affrontando l'argomento in questo modo, si otterrebbe il solito "mattone" che solo pochissimi addetti ai lavori riescono a digerire. In questo modo verrebbero respinte, tagliate fuori inesorabilmente tutte quelle persone che, pur essendo interessate ad approfondire l'argomento, non possiedono una preparazione specifica in questo settore. Se invece si facesse uso di quel SANO QUALUNQUISMO che io auspico, basterebbe  andare a leggere l'articolo 75 della nostra costituzione, il quale recita:

.... Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali

Secondo voi, quali sono i motivi di questo divieto così telegrafico, categorico, perentorio, definitivo? Perché la "sovranità popolare" viene così inaspettatamente detronizzata senza tanti complimenti? Non bisogna essere un premio Nobel per capirlo. La verità, di rado ammessa esplicitamente perché smentisce un tabù, affiora finalmente in quella frase. I nostri padri costituenti erano perfettamente consapevoli della seguente, elementare realtà sulla quale sarebbe bene cominciare a riflettere (ma adesso non è di questo che voglio parlare, me ne servo solo come esempio per dimostrare un'altra tesi):

I comportamenti e le scelte delle masse sono influenzati più dalle EMOZIONI che dalla RAZIONALITÀ

Muoiono poche decine di persone in un incidente aereo e subito compaiono i titoloni in prima pagina, la gente si commuove per le storie personali dei passeggeri. In Italia, invece, muoiono 6.500 (seimilacinquecento!) persone ogni anno in incidenti stradali e nessuno ne parla, non fa notizia, la gente "se ne frega". Scoppia la guerra nel Golfo e in pochissime ore i supermercati italiani vengono svuotati per ammassare scorte alimentari e di ogni altro tipo. Ricordo delle sofferenze patite durante la seconda guerra mondiale, d'accordo, ma questo non basta per spiegare un comportamento così irrazionale. Tanto è vero che in altri paesi, ugualmente coinvolti nella seconda guerra mondiale, le persone si sono comportate diversamente in quella occasione. Dunque il problema esiste e, per convincersene, non c'è bisogno di "sciropparsi" ponderosi trattati. Non c'è nemmeno bisogno di avviare una diatriba politico-sociologica che risulterebbe sicuramente al calor bianco. È scritto lì, chiaro e semplice. È sancito dalla legge fondamentale del nostro stato e, presumo, anche da quella di tutti gli altri stati del mondo.

Allora, ecco la prova che un problema  - che sarebbe rimasto confinato nel giro delle solite "teste d'uovo" e avrebbe dato l'avvio a dibattiti senza fine se affrontato con mentalità "accademica" -  può diventare tema di riflessione anche per un grande numero di cittadini se viene presentato nella forma appropriata, cioè ridotto alla sua sostanza, liberato dalle complicazioni con le quali gli eruditi di solito rendono i problemi incomprensibili ai più.

Voglio sottolineare con forza che il SANO QUALUNQUISMO di cui vado parlando mira a semplificare i discorsi e i concetti, però conservando l'essenziale! È questa la caratteristica che lo distingue dal QUALUNQUISMO vero e proprio, quello da biasimare in ogni caso. Ragione per cui, chi fa uso del "sano qualunquismo" non dovrebbe temere di apparire "semplice-sempliciotto". Di questo io sono convintissimo, ma non mi faccio troppe illusioni sulla contagiosità della mia convinzione  :-)

Il punto in cui il discorso sul SANO QUALUNQUISMO si riallaccia a quello relativo agli effetti negativi dell'ingresso delle masse nella storia è proprio questo: la cultura ignora il  problema della qualificazione delle masse perché nessuno ha il coraggio di dire che il re è nudo. Nessuno ha voglia di sentirsi rivolgere l'immancabile accusa: "Allora tu sei per la dittatura, per il totalitarismo!". Appena qualcuno, infatti,  prova solo ad accennare a questo problema centrale della democrazia, viene subito bloccato con quell'accusa definitiva. Potenza dei tabù! In questi casi viene da pensare: "Per fortuna esiste Internet.... lì è sempre possibile esprimere il proprio pensiero". Sì, ma quanti saranno a leggerlo?

Se i comportamenti e le scelte delle masse sono influenzati più dalle EMOZIONI che dalla RAZIONALITÀ, allora appare evidente quale dovrebbe essere il compito degli intellettuali. Dovrebbero darsi da fare per cercare di ridurre (non dico "eliminare") l'influenza che le EMOZIONI hanno sulle scelte e sui comportamenti delle masse. Il che equivale ad introdurle all'uso della RAZIONALITÀ. In altre parole, gli intellettuali dovrebbero impegnarsi anche nella DIVULGAZIONE della cultura, trasformando le loro elucubrazioni, spesso complicate ed oscure, in concetti comprensibili anche da parte di un pubblico più vasto di quello formato dagli addetti ai lavori.

Non si tratta di abolire gli approfondimenti "specialistici", si tratta di aggiungervi un altro tipo di attività, la divulgazione, appunto. Per potersi dedicare a questo tipo di attività, però, gli intellettuali dovrebbero prima liberarsi dalla convinzione che essa sia squalificante. Finché non ci riusciranno, continueranno a guardare dall'alto in basso quelli che si cimentano nella non facile impresa. Mi viene subito in mente il tono di sufficienza con il quale hanno sempre parlato, ad esempio, della "Storia d'Italia" di Indro Montanelli o delle trasmissioni televisive di Piero Angela.

In una società basata sulla democrazia, cioè in una società in cui le masse sono chiamate ad esprimere il loro parere anche su questioni molto complesse, è di vitale importanza che la cultura venga estesa al maggior numero possibile di persone. Non sono così sprovveduto da credere che qualsiasi argomento possa essere sminuzzato in modo da ridurlo in bocconcini masticabili da chiunque. Non lo credo ma, ripeto, bisogna provarci lo stesso, in modo da rendere quanto più piccolo possibile il numero di quelli che esprimono il loro parere soltanto sotto la spinta delle EMOZIONI, oppure di quelli che lo esprimono "a vanvera", oppure di quelli che si lasciano condizionare dalle tecniche raffinatissime di persuasione che i pubblicitari oggi mettono a disposizione di chiunque voglia orientare l'opinione pubblica in una certa direzione.

Tutti sono concordi nel ritenere che in una società democratica l'INFORMAZIONE gioca un ruolo determinante, ma in genere si ritiene che si tratti solo di rendere disponibili le NOTIZIE relative agli avvenimenti, cioè un'attività che compete solo ai giornalisti. L'informazione è anche questo, si capisce, ma è anche molto di più, è trasferire la cultura dall'empireo dei "cervelloni" al piano della gente comune senza che nell'operazione si perda l'essenziale. Mi ripeto, lo so, ma è un mio chiodo fisso fin dagli anni in cui frequentavo il liceo, perciò attingerò di nuovo ai miei ricordi di scuola, come ho fatto altrove, per chiarire meglio quello che intendo dire.

La chimica è stata sempre considerata da tutti la materia ostica per eccellenza (insieme con la matematica), tanto che molti si limitano a impararla a memoria senza capirla. Eppure allora, al liceo, una professoressa davvero speciale riuscì non solo a farla capire a tutti noi ma a renderla addirittura interessante e divertente. Quale metodo didattico usava? Il suo segreto consisteva in questo:

Sembra un sistema didattico ovvio, ma purtroppo non lo è per niente. Sono pochissime le persone che parlano o scrivono ponendosi il problema di farsi capire. Ho già detto altrove che sono un lettore instancabile perciò ho una discreta pratica di come scrivono certi autori. Per memorizzare i concetti da loro espressi e per cominciare a lavorare su di essi, bisogna prima assumersi l'ingrato, doppio compito di TRADURLI in un linguaggio comprensibile e poi distillarne l'essenziale. Non mi dilungo su questo aspetto della questione poiché l'ho già trattato nell'articolo "Perché non abbiamo un ceto medio intellettuale".

A me piace pensare ai concetti come se fossero "oggetti", pietre da squadrare, confrontare, sovrapporre, incastrare, murare, scartare, ecc. Sono un "sensuale-concreto". Ecco perché mi diverto a seguire anche i pensieri più astratti, ma alla fine sento il bisogno di tornare al punto da cui sono partito, al mondo della concretezza. Che non si identifica necessariamente con quello della vita materiale. Nella parte del mio sito dedicata ai sogni ce n'è uno che esprime simbolicamente quanto ho appena cercato di dire. Riporto sia il sogno che la sua interpretazione:

"Mi fanno vedere una particolare razza di piccioni. Hanno la caratteristica di non allontanarsi dal nido. Si possono quindi tenere in libertà senza temere che scappino. Per questa loro caratteristica mi piacciono ed ho l'intenzione di tenerli. Li sta manovrando un esperto, vicino una casetta-nido che ha fatto lui. Mi spiega che si tratta di una zucca".

Per capire il significato di questo sogno bisogna sapere che la persona che l'ha fatto ha un problema: comincia col pensare una certa cosa e, piano piano, seguendo le associazioni mentali, si ritrova a mille chilometri di distanza dal punto di partenza, che in questo modo viene completamente perso di vista (piccioni che si allontanano dal nido e scappano).

Intendiamoci, questo è un comportamento mentale che capita a tutti di mettere in atto qualche volta, solo che in lui è così sistematico che la produttività dei suoi processi mentali ne viene seriamente compromessa. I suoi pensieri seguono sempre una direzione CENTRIFUGA che gli impedisce di arrivare a delle CONCLUSIONI. Tutto questo, alla fine, risulta molto dispersivo e dannoso per lui, è ovvio.

Nei primi tempi della terapia, quando richiamavo cautamente la sua attenzione su questo fatto, mi guardava con negli occhi la classica espressione sorpresa di chi pensa: "Ma che sta dicendo?". Adesso, invece, è diventato consapevole di questo suo comportamento e, soprattutto, dei danni che gliene derivano (piccioni che si perdono). Di conseguenza vuole correre ai ripari e modificarlo adottando il modo di pensare di chi si allontana dall'argomento iniziale per esplorare tutte le possibilità, ma senza perderlo di vista, cioè per farvi ritorno alla fine e dire: "Ricapitolando.... ".

I piccioni rappresentano i pensieri. La conferma di questa interpretazione viene dal fatto che il loro nido è una ZUCCA cioè una.... TESTA. Infatti usiamo spesso espressioni come: "Cosa hai nella zucca? ", "Quello lì ha del sale nella zucca", "È una zucca vuota", "È uno zuccone", ecc.

Con molta probabilità l'esperto che dà spiegazioni è lo psicoterapeuta.

Fin qui l'interpretazione già data nella parte del sito che tratta dei sogni. Adesso preciso meglio: il sogno esprime la presa di coscienza che le associazioni mentali - le quali rappresentano un processo di primaria importanza sul quale è basato il funzionamento della nostra mente - non devono essere lasciate libere di proseguire all'infinito, altrimenti i piccioni-pensieri si allontanano troppo e finiscono per perdersi. Gli intellettuali dovrebbero tenerlo presente quando parlano o scrivono. E anche quando pensano. Anzi, soprattutto quando pensano. Anche nella tecnica del "brain storming", all'inizio si lasciano le briglie sciolte alla fantasia e alla creatività in modo da esaminare un problema dal maggior numero possibile di lati ma, al momento di concludere, delle tante soluzioni trovate se ne sceglie una sola e si scartano tutte le altre.

Tanto per essere coerente con quanto ho cercato di dire fin qui, ecco la sintesi di tutto questo bel discorso: quando in futuro mi capiterà di usare l'espressione SANO QUALUNQUISMO, non inorridite subito, non scandalizzatevi e cercate di ricordare il presente articolo. 

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