L'Italia ha paura della scienza?
Il 25 settembre 2009 sul blog di Giordano Bruno Guerri è comparso un articolo con lo
stesso titolo. Avrei voluto riportarlo qui ma, non sapendo se la legge sul copyright me lo
consente, mi limito a riportare il mio commento e quello di alcuni altri frequentatori del
blog. Potete trovare l'articolo a questo indirizzo:
http://www.giordanobrunoguerri.it/gbgblog/default.htm
Condivido il senso di questo articolo, ma non sono certa che lItalia sia spaventata dalla ricerca di base; credo piuttosto che lItalia non la capisca, non la capisca più. Quando si decide di non investire nella ricerca è perchè non se ne capisce il valore, ma daltra parte chi oggi dei politici è chiamato a decidere non ne ha la preparazione, chi è chiamato ad informare è soggiogato tra rivoli di contraddittori su tutto tranne che sul dibattito della Conoscenza, ed il tutto con la mano sempre calata sulle teste di una Chiesa sempre più prorompente a cui viene dato spazio per pura opportunità.
Se lItalia non dibatte e non informa prima della sperimentazione ma solo a posteriori (e poi per quel meccanismo perverso da lei citato dello spaccamento del capello in quattro, non può procedere coi risultati ottenuti portandoseli allestero insieme a teste e conoscenze) è perchè in Italia non si è più capaci di dibattere e di confrontarsi e di apprendere prima di formularsi unopinione ed il risultato sarebbe che neanche quel poco che si sta facendo nella ricerca verrebbe neppure iniziato.
Ben vengano le chicchiere nei bar (lIlluminismo insegna), mal vengano le chiacchiere da bar in Parlamento e nei giornali.
Ben vengano articoli come questo.
25 Settembre 2009
Modificherei in questo modo la prima frase dellarticolo di GBG: Ci vogliamo finalmente dire che alla scienza non possiamo porre confini diversi da quelli stabiliti dagli uomini dopo una discussione ed un confronto approfonditi?.
Penso che la modifica da me proposta sia necessaria altrimenti dovremmo arrivare alla conclusione inaccettabile (almeno per me) che alla scienza è permesso tutto quello che le scoperte raggiunte rendono fattibile. Lingegneria genetica, per esempio, può essere usata per curare malattie, ma anche per creare CHIMERE mostruose o per PROGRAMMARE i tipi umani da far nascere. Davanti a queste prospettive anche gli atei sentono correre un brivido lungo la schiena.
Parliamo impropriamente di SCIENZA, inoltre, in realtà dovremmo parlare di SCIENZIATI perché non è la scienza che decide di fare o non fare questo e quello, sono gli scienziati opportunamente coadiuvati dalle persone competenti e consapevoli.
Credo che esista un terreno comune sul quale atei e credenti possono raggiungere unintesa che prescinda dal fattore Dio.
Quanto alla ricerca, credo che da noi venga trascurata soprattutto perché essa significa investire sul FUTURO. I nostri politici, invece, sono completamente assorbiti dalla gestione forsennata del potere nel PRESENTE.
25 Settembre 2009
Tobi (114) scrive:
Galileo Galilei fu un fervente cattolico. Ciò che scoprì deriva dal suo profondo desiderio di scoprire le leggi della natura (Galilei disse: Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico). Galilei anche in punto di morte si professò cattolico. Quindi, smettetela ogni volta di prendervela con la Chiesa cattolica, che sin dai tempi del medioevo fondò ospedali, università. Il problema della (relativamente scarsa) ricerca in Italia è dovuto alle raccomandazioni ed alla tanta gente incapace ficcata nei posti in cui non dovrebbe stare (nella ricerca scientifica ed in tutti gli atri possibili settori di lavoro). Questo è risaputo. Leggete larticolo del prof. Zecchi nellodierna edizione de Il Giornale (ed altri suoi articoli).
Ronchet (48) scrive:
E mi permetto di contestare il dott Guerri anche sul piano ontologico: lItalia ha avuto tra i più grandi scienziati della storia
dellumanità, e la chiesa non ne ha mai, mai, impedito il genio. Anzi forse li ha
stimolati ancora di più, poichè non mi pare che Leonardo, Galileo, Volta,
Fermi
vivessero in una civiltà protestante. Insomma
questo articolo proprio non mi piace e, pur essendo agnostico, lo trovo forzato
concettualmente e pieno di strafalcioni storici.
Rispondo al commento di Romano Badiali.
Dice Parliamo impropriamente di SCIENZA, inoltre, in realtà dovremmo parlare di SCIENZIATI perché non è la scienza che decide di fare o non fare questo e quello, sono gli scienziati coadiuvati dalle persone competenti e consapevoli.
Questo è, a parer mio, un esempio di pura dialettica, lo spaccare il capello in quattro che non serve allintendere comune.
Invece sul: Quanto alla ricerca, credo che da noi venga trascurata soprattutto perché essa significa investire sul FUTURO. I nostri politici, invece, sono completamente assorbiti dalla gestione forsennata del potere nel PRESENTE, che diversamente esprime un concetto concreto, siamo perfettamente daccordo: il futuro è una parola che i politici, ma peggio anche gli imprenditori, non concespiscono più. Si guarda lorticello di oggi e la ricerca, che funziona ed ha senso solo se collocata nel futuro e con tempistiche che non necessariamente hanno a che vedere con i fogli di budget, ne ha la peggio.
[ ]
25 Settembre 2009
Ronchet, lettore del Giornale, commenta così larticolo di GBG:
LItalia ha avuto tra i più grandi scienziati . la chiesa non ne ha mai, mai, impedito il genio. Anzi forse li ha stimolati ancora di più, poichè non mi pare che Leonardo, Galileo. vivessero in una civiltà protestante.
Poiché non mi va di registrarmi come utente sul Giornale, gli rispondo qui anche se le probabilità che mi legga sono poche. Pazienza, mi leggeranno solo i frequentatori di questo blog, non cerco la notorietà :-)
Ecco quanto scrive Bruno Nardini nella sua Vita di Leonardo, Giunti, 2004:
.. Giovanni degli specchi . chiese udienza al papa e DENUNCIÒ pubblicamente Leonardo di . sezionare i cadaveri con la complicità del direttore dellOspedale. Il papa . ordinò che fosse immediatamente VIETATO a Leonardo laccesso allospedale di Santo Spirito.
Mi ha impedito lanatomia - annotò lartista nel suo quaderno . .
Leonardo non poteva sapere che, pochi anni dopo, per gli stessi capi daccusa, era aperta la PRIGIONE, pronta la TORTURA, acceso il ROGO.
26 Settembre 2009
Wall scrive:
__________________________________
Rispondo al commento di Romano Badiali. Dice: Parliamo impropriamente di SCIENZA, inoltre, in realtà dovremmo parlare di SCIENZIATI perché non è la scienza che decide di fare o non fare questo e quello, sono gli scienziati coadiuvati dalle persone competenti e consapevoli.
Questo è, a parer mio, un esempio di pura dialettica, lo spaccare il capello in
quattro che non serve allintendere comune.
__________________________________
Non so se quello che ho scritto è pura dialettica o spaccare il capello in quattro. Conosco però solo due modi per stabilire quello che gli scienziati possono o non possono fare:
1). Basarsi sul principio dautorità cioè attenersi ai valori fissati nei libri che alcuni considerano di origine divina.
2). Discutere, confrontarsi, argomentare sulla base dei valori che sono condivisi anche da chi non crede nellorigine divina dei libri sacri.
Se conosci altri modi oltre questi, ti prego di segnalarmeli, te ne sarò molto grato. E lo dico senza polemica.
26 Settembre 2009
Caro GB, solo qualche flash.
Vogliamo prendere atto, finalmente, che se non cominciamo sul serio a fare ricerca, lItalia è destinata a rimanere ai margini del mondo?.
Dovremmo prendere atto, caro GB, di essere già approdati al quarto o quinto mondo, e non cè speranza di invertire la rotta.
Dissento anche dallanalisi di Venter, sintetizzata dalla frase lItalia è spaventata dalla ricerca di base.
Secondo me, non è questione di paura. La scienza è disciplina. La scienza non tollera i furbi, li smaschera, e li espelle, subito. La scienza è fatica. La scienza è dedizione. La scienza, quella vera, è apolitica. La scienza è selettiva. La scienza è obbiettività. La scienza è meritocrazia allo stato più puro che luomo abbia mai inventato.
Vi sembra di scorgere queste cose nel carattere attuale degli Italiani? A me, no. Soprattutto dopo il 68. Non è questione solo di politica. La politica, in fondo, con le sue scelte o mancate scelte, non fa altro che ribadire il carattere prevalente della Nazione.
Se andate sul sito di Harvard (www.harvard.edu) troverete i seguenti dati:
Studenti dellHarvard College: circa 6700 (seimila settecento). Solo 6700. Studenti graduate and professional: circa 13.600. Sono quelli che stanno facendo il post-grado o un Master. Totale: ventimila circa.
Alla Bocconi, in tutto sono circa 8000, se non erro, ma concentrati solo su Economia e Direzione Aziendale. Alla LUISS, a Roma, circa 7000 in tutto. Con tre sole facoltà: Giurisprudenza, Economia e Scienze Politiche.
Andate sul sito dellUniversità La Sapienza, Roma. 145 000 studenti. Centoquarantacinquemila.
Prima considerazione: eliminate la selettività, e avrete anche eliminato leccellenza. Nello studio, negli studenti, nei professori.
Sul sito di Harvard troverete altri dati interessanti: volumi in biblioteca 16,2 milioni. Milioni.
Costi: insegnamento, 33.696 dollari, che corrispondono a circa 24.000 euro lanno. Sembrano tanti, vero?
In Italia, la LUISS costa in tutto, fra libri tasse e ammenicoli vari, sugli 8.500 (cè mio figlio), la Bocconi intorno ai 9.000.
Ma. Cè un ma. Ad Harvard puoi vivere nel college. Il totale delle spese sale, è vero, a 48.868 dollari. Ma gli aiuti finanziari agli studenti che non ce la fanno giungono a circa 42.000 dollari allanno. Gli altri seimila li rimediano lavorando qualche ora la sera nei McDonalds, o con un prestito donore. Il difficile, a Harvard, non è trovare i soldi: è entrarci.
Non esiste una buona scienza senza una buona scuola. Non esiste una buona scuola senza buoni professori. Non si può appassionare i giovani alla scienza senza il complemento di unadeguata divulgazione. Tutto questo è banale, certo. Ma.
I concorsi a cattedra nelle nostre università sappiamo cosa sono. È solo un fatto politico? No. Riflette esattamente il carattere nazionale. La divulgazione? Confrontate le pagine di scienza e tecnologia di qualsiasi giornale americano con qualsiasi giornale italiano. I nostri fanno pena. Gli americani si sono inventati un certo numero di canali satellitari dedicati a scienza e tecnologia. Da noi, salvo RAI Educational, una goccia nel mare, anche benemerita, secondo me, zero carbonella.
Harvard ha avuto spese, nel 2008, per un totale di circa 3,5 miliardi di dollari. Pari a circa 175.000 dollari per studenti. Troppi? Io dico di no.
Ha incassato dagli iscritti meno di 1 Miliardo. Gli altri soldi da dove vengono?
Ecco, da quello che in inglese viene definito endowment, cioè donazioni di soldi o di proprietà allUniversità. Il totale accumulato, al 2008, è stupefacente: 36,9 miliardi di dollari. Equivalenti a circa 27 miliardi di Euro. Rammento che lintero bilancio del Ministero dellIstruzione, in Italia, è di circa 40 miliardi di euro allanno.
Sono, questi, soldi donati da privati e da aziende. Soldi, o proprietà, vincolati nelluso. Per esempio, per una ricerca scientifica specifica. Molte delle donazioni VIETANO di utilizzare il capitale donato, ma impongono di investirlo. Puoi, quindi, solo utilizzarne gli utili che ne derivano.
Il che vuol dire che se ti donano un edificio, non puoi venderlo, ma devi usarne solo il ricavato dallaffitto o da altri usi che puoi immaginare. Quindi Harvard è una macchina autosufficiente, che continuerà a sfornare premi Nobel (44 ad oggi) e laureati di eccellente livello, per tutto il futuro prevedibile.
Cito questi dati non per affermare che, avendo noi pochi soldi, si fa poca ricerca per forza. E che quindi tutto si risolverebbe aumentando i quattrini a disposizione. In realtà, abbiamo visto: poiché i finanziamenti alle università dipendevano dal numero di studenti, le nostre università si sono inventate lauree-burla, pur di allargare i posti di insegnamento a disposizione. La scuola al servizio dei professori, non del paese e della collettività. Invece di creare aree di eccellenza, che, per essere tali, sono necessariamente piccole.
Cito i dati per avere un elemento di riflessione: sono i privati, e non lo Stato (quando lo Stato, come da noi, non funziona) a dover crederci, nella scienza. Ma questo, ovviamente, non avviene. Venter sostiene che è per paura. Io penso che sia una distorsione culturale e sociologica profonda. Forse ineliminabile.
28 Settembre 2009
Concordo con tutto quello che scrive Giardini tranne laggettivo conclusivo ineliminabile. Se la distorsione è CULTURALE e SOCIOLOGICA come dice lui giustamente, è anche eliminabile perché sia la cultura che la società possono essere cambiate. Basta VOLERLO, anzitutto. Poi occorre individuare quali sono le abitudini mentali da CAMBIARE. Infine bisogna sapere COME farlo. Concludere pessimisticamente che la distorsione è ineliminabile significa pensare che essa è da attribuire a fattori razziali e non a quelli culturali come lo stesso Giardini riconosce.
Non la finiamo più se ci mettiamo ad elencare tutti i difetti degli Italiani. Secondo me, invece, è preferibile cercare di capire se esiste una CAUSA PRIMA dalla quale poi derivano tutti gli altri difetti. Sempre secondo me, questa causa prima cè e adesso cercherò di dire qual è:
una società civile può esistere e prosperare solo se è capace di darsi delle REGOLE e soprattutto di RISPETTARLE. Noi Italiani siamo bravissimi nel darci le regole, ma poi ci dedichiamo prevalentemente allo studio di come AGGIRARLE e ci vantiamo di esserci riusciti. Ci manca il RIGORE ETICO che induce a RISPETTARE le REGOLE e a PUNIRE chi le INFRANGE.
Quando si tocca questo tasto, di solito la discussione abortisce nella ricerca delle cause storiche di questo stato di fatto. Dico abortisce perché così facendo lattenzione viene spostata su un aspetto secondario della questione.
Un altro nostro difetto primario - ancora una volta secondo me - consiste nellappassionarci per la sola STESURA di grandi progetti e trascurare completamente la parte che si riferisce alla loro effettiva, concreta realizzazione.
Per uscire dal generico, ecco un esempio concreto e recentissimo: da un po di tempo, a questo indirizzo:
http://www.italiafutura.it/dettaglio/110008/italia_futura
potete trovare il programma meraviglioso di unassociazione che si propone di rifondare lItalia. Ebbene, hanno annunciato per i prossimi giorni un evento per il quale bisogna prenotarsi cliccando su un link. Ho provato a farlo, ma la mail è tornata indietro perché il destinatario è SCONOSCIUTO. Ma non basta, dal momento che i posti disponibili sono limitati, ho chiesto se gentilmente potevano darmi la conferma della disponibilità in modo da risparmiarmi un eventuale viaggio a vuoto: aspetto inutilmente la risposta da 8 giorni.
Questi vogliono far funzionare lItalia, ma non si curano di far funzionare il loro sito. Ecco, noi Italiani siamo fatti così.
Qualcuno potrebbe dire che sono dettagli di nessuna importanza. Io non lo credo perché i dettagli permettono di capire il modus operandi di chi fa le cose.
Non si combina niente se manca il PIACERE dell'EFFICIENZA, il GUSTO del LAVORO BEN FATTO. Noi Italiani a volte li possediamo come individui, ma certamente non come GRUPPO.
30 Settembre 2009
Ho detto forse. Essendo un fatto culturale e sociologico è certamente modificabile. Purtroppo, non è lavoro di una sola generazione. E occorrerebbe invertire la rotta. Cosa di cui non si vede il minimo indizio.
2 Ottobre 2009
Per Mario Giardini:
Non è lavoro di una sola generazione, certo, però bisogna cominciare. Penso che anche tu sarai daccordo che si comincia lanciando un seme e lasciandogli il tempo di germogliare. Poi il seme germogliato genera altri semi che a loro volta ..
Questo lavoro di crescita esponenziale oggi è enormemente facilitato dallo strumento che stiamo utilizzando in questo momento cioè Internet. Una volta le idee circolavano lentamente perché bisognava SPOSTARE nello SPAZIO o il loro supporto cartaceo o le persone che le diffondevano. In più, pochi sapevano leggere. Oggi invece basta un clic su un pulsante per farle arrivare in capo al mondo in un baleno. Poi, con pochi altri clic, le stesse idee possono arrivare a un numero enorme di persone.
Quello che conta è scrivere e trasmettere idee che sappiano convincere, più un altro requisito che consiste nellessere capaci di proporre agli altri vite vissute in COERENZA con le idee che si professano. La seconda condizione è un po più difficile da realizzare, specialmente nellItalia dei furbi.
2 Ottobre 2009