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Ex comunisti ed ex fascisti

 

Mi capita spesso di parlare con persone il cui orientamento politico è di sinistra oppure di destra. A prescindere dagli argomenti specifici di questi nostri dialoghi, mi ha colpito un fatto che mi sembra accomuni gli ex comunisti e gli ex fascisti. A me interessa "capire" i comportamenti delle persone perciò non ho alcun interesse per i propositi polemici. Mi propongo di fare delle riflessioni pacate per capire meglio, appunto. Una volta che si è capito un problema, risulta più facile trovarne la soluzione.

Preferisco seguire una strada insolita cioè partire dalla conclusione in modo da mettere il lettore in condizione di capire subito quanto sto per scrivere: dai discorsi che sento fare in giro e anche da quello che leggo qua e là ho ricavato la sensazione che i nostri ex comunisti e i nostri ex fascisti non siano arrivati a dichiararsi "ex" dopo un lungo, travagliato e doloroso processo di elaborazione interiore, ma che ci siano arrivati soltanto perché "costretti" dalle contingenze della storia, nel migliore dei casi. Nel peggiore, invece, da poco onorevoli considerazioni di tornaconto materiale. Di questi ultimi non mi interessa parlare perché nel loro comportamento c'è ben poco da capire.

Comincerò con una considerazione dettata dal semplice buon senso e che riguarda gli ex comunisti: è davvero pensabile che possa sparire in poco tempo un condizionamento mentale prodotto da molti decenni di propaganda martellante che si proponeva di "fabbricare" militanti convinti che il male sta tutto nel sistema borghese-capitalistico?  Io credo che non sia possibile. Per il lavoro che faccio so bene quanto sia difficile e lungo il processo che permette di modificare gli schemi mentali ed emotivi che si sono stratificati nel profondo della nostra psiche con il passare degli anni.

Nel caso di cui sto parlando, il cambiamento è difficile soprattutto perché comporta la perdita di una convinzione rassicurante e piacevolissima che riscalda il cuore in quanto procura la certezza incrollabile di sapere da quale parte sta il BENE e di saperlo una volta per tutte, non dovendolo quindi cercare ogni volta da capo. Si tratta di una certezza che procura anche la sensazione gratificante di essere BUONI in quanto schierati dalla parte del BENE. E allora non è facile abbandonare questa roccia sicura e affrontare le onde piene di insidie del mare aperto rappresentato dal dubbio e dalla ricerca giorno per giorno delle soluzioni che possono essere solo provvisorie dal momento che le situazioni che ci presenta la vita cambiano continuamente.

La roccia di cui sto parlando, per gli ex comunisti è rappresentata dalla loro fede nel comunismo. Dopo il XX congresso del Partito Comunista Sovietico nel quale Krusciov denunciò i crimini di Stalin, loro si sono trovati a vivere un conflitto angoscioso: da una parte non se la sentivano di abbandonare quella roccia (per i motivi che ho appena spiegato), dall'altra dovevano abbandonarla per forza perché l'evidenza dei fatti storici dimostrava che non poteva più essere conservata. Allora come sono usciti dal dilemma? Le strategie che hanno escogitato per farlo sono state più di una a seconda del livello culturale delle persone:

•    Ai piani alti degli intellettuali sono ricorsi al solito, vecchio sistema di distinguere il comunismo come TEORIA dagli UOMINI che hanno cercato di realizzarlo concretamente. Una volta compiuta questa vera e propria "furbata" è stato un gioco da ragazzi attribuire solo agli uomini tutti gli orrori del comunismo reale in modo da poter salvare la TEORIA. Cioè la roccia di cui sopra.

•    Ai piani sottostanti, quelli in cui vivono le persone che non hanno la voglia oppure la preparazione culturale necessaria per fare ragionamenti troppo sottili e sofisticati, si è ricorsi ad uno stratagemma più semplice: è bastato pensare che la storia non si ripete mai tale e quale perciò il comunismo può essere ancora considerato una soluzione valida dal momento che in futuro si presenterà in una forma diversa e migliore, senza tutte le aberrazioni che lo hanno "sporcato" nel passato.

I due stratagemmi suddetti sono molto diversi tra di loro, ma hanno in comune una caratteristica essenziale: entrambi permettono a chi li ha adottati di continuare ad essere comunista cioè di pensare che, essendo la società capitalista un male per definizione, non basta riformarla, bisogna cambiarla dalle fondamenta (il mito eccitante della rivoluzione!).

Se si pone in questo modo il problema di capire la situazione della sinistra italiana attuale diventa facile capire perché, ogni volta che qualcuno dei suoi aderenti propone un approccio riformista ai problemi della società, salta subito su qualcuno pronto a lanciare l'accusa di "resa" al nemico, di compromesso vergognoso.

È da quanto ho detto sopra che scaturisce il comportamento attuale di molte persone di sinistra: a parole si dichiarano (magari anche in buona fede) a favore del metodo democratico che è basato sul confronto pacifico delle idee. Il metodo democratico però richiede i tempi lunghi per dare risultati. E consente solo "aggiustamenti" progressivi mai definitivi. Ecco allora che dal profondo della mente di molte persone di sinistra riemerge il bisogno di cambiamento totale cioè di "rivoluzione". Ma siccome oggi questa parola è bandita dal vocabolario che va per la maggiore, capita spesso di incontrare persone che si presentano con addosso la pelle democratica dell'agnello, ma la portano senza molta convinzione, solo perché costretti dal "politicamente corretto".

È facile capire quando ci troviamo davanti queste persone, basta portare il discorso sui crimini compiuti dai comunisti in Russia. Queste persone, o resteranno in silenzio astenendosi dal fare qualsiasi commento e appena possibile cercheranno di spostare il discorso su un altro argomento, oppure se ne usciranno con il solito "Sì, però quando c'era Stalin la scuola era gratuita per tutti" e altre piacevolezze di questo tipo. Loro si arrampicheranno sugli specchi pur di assolvere o quanto meno minimizzare le colpe dei compagni sovietici.

Detto questo a proposito degli ex comunisti, il discorso sugli ex fascisti è molto più semplice e breve: anche loro hanno cambiato pelle solo quando le contingenze storiche li hanno "costretti" a farlo, ma nel loro caso ha influito molto di più la componente basata sul semplice calcolo del tornaconto personale in termini di potere, di prestigio e di convenienza concreta. Il passaggio dalle "fogne" al potere è senza dubbio seducente!

Non escludo che in entrambi i campi possano esserci anche persone con la coscienza limpida e trasparente, ma ho forti dubbi che rappresentino la maggioranza.

Quanto ho detto fin qui si potrebbe inserire in un discorso più ampio che riguarda noi Italiani come popolo. Se vogliamo essere sinceri con noi stessi, infatti, dobbiamo riconoscere che siamo molto refrattari a fare le scelte che comportano il pagamento di un prezzo pesante e preferiamo fare scelte FURBE. Le strade in discesa sono notoriamente molto più comode di quelle in salita.

Certo, lo so anch'io che noi Italiani non siamo tutti così, ci mancherebbe altro! Ma quando si cerca di definire una collettività bisogna tenere conto degli atteggiamenti che prevalgono al suo interno. Resta comunque il fatto che, quando nell'aprile del 2004 Fabrizio Quattrocchi disse ai suoi assassini : "Adesso vi faccio vedere come muore un Italiano", moltissimi Italiani preferirono etichettarlo come "mercenario" e tentarono finché possibile di negare che avesse pronunciato quelle parole. Probabilmente si comportarono così perché il confronto con se stessi bruciava troppo. Nel film "La grande guerra", del resto, l'Italiano per eccellenza è rappresentato da Alberto Sordi. Per compiere scelte NETTE, non quelle AMBIGUE che di solito preferiamo, ci vuole un coraggio che da noi qualche volta esiste, ma di certo non abbonda.


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